COME SCEGLIERE E UTILIZZARE LE PROTEINE – INTEGRATORI

COME SCEGLIERE E UTILIZZARE LE PROTEINE

COME SCEGLIERE E UTILIZZARE LE PROTEINE

 

come scegliere gli integratori proteici e come utilizzarli
Roberto Eusebio – Gli integratori proteici, come sceglierli e quando utilizzarli

COME SCEGLIERE E UTILIZZARE LE PROTEINE

 

Introduzione (le proteine)

COME SCEGLIERE E UTILIZZARE LE PROTEINE – In questa occasione voglio soffermarmi e far chiarezza sull’importanza e la scelta nell’alimentazione delle proteine.
Il nostro corpo di quello che ingeriamo con i macronutrienti, è formato essenzialmente da acqua, proteine e grassi.
L’acqua sappiamo essere per la maggior parte della composizione corporea elemento fondamentale.
Tutti gli ormoni del nostro corpo sono in parte molecole di grasso, alcuni grassi sono trasportatori di essi e le ghiandole stesse che li producono.
Le proteine sono quei mattoncini, che scomposti vengono chiamati catene aminoacidiche e che compongono gran parte strutturale del corpo, pelle, peli, capelli, organi, sangue, muscoli, ecc…Tra i nutrienti che introduciamo con l alimentazione, possono essere nutrienti ancora più importanti per i soggetti che affrontano attività fisica costante.
Tutti sentiamo costantemente parlare di proteine: quanto prenderne, quante volte al giorno e di che tipo.
Le proteine sono contenute in natura praticamente dappertutto, carni, pesci, insetti, verdura , legumi.
Il problema è capire quale tipo di proteine usare e perché.
Le proteine non sono tutte uguali, abbiamo detto che sono formate da catene aminoacidiche, quindi ogni proteina è diversa e la sua struttura è determinata dagli aminoacidi che la compongono.

 

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La Composizione di aminoacidi delle proteine (spettro aminoacidico o aminoacidogramma)

La composizione della proteine fatta di aminoacidi avrà quindi uno spettro aminoacidico o aminoacidogramma, cioè da quali e quanti aminoacidi sarà composta la proteina stessa.
In base a questo, le proteine, vengono classificate in proteine ad alto valore biologico e proteine a basso valore biologico, ciò riguarda esclusivamente la composizione aminoacidica che si deve avvicinare il più possibile a quella dell’essere umano e quindi al suo grado di assimilabilità per essere di valore biologico elevato.
Le proteine di origine animale sono quelle che hanno lo spettro aminoacidico più simile alla composizione delle proteine corporee, (alto valore biologico), rispetto alle proteine di origine vegetale, (basso valore biologico), anche se oggi gli integratori proteici vegetali, sono stati “corretti” aggiungendo, gli aminoacidi mancanti, questi ultimi integratori molto utili e utilizzati da coloro che seguono una filosofia di tipo vegano.
La crisi di produzione mondiale delle carni, ha portato ad una sofisticazione e conservazione delle carni in generale, non proprio salutare.
Gli allevamenti intensivi sappiamo essere il fardello che affligge la nostra epoca; sono stati introdotti prodotti chimici per la crescita e la conservazione delle carni che si sta dimostrando essere davvero nociva per la salute dell’uomo.
Più che mai oggi l’esigenza di integrare con prodotti proteici, soprattutto per lo sportivo che necessita un introito giornaliero proteico superiore rispetto al sedentario, questo proprio per evitare di appesantire il corpo di sostanze chimiche dannose, e anche per limitarne l’introito calorico, senz’altro più elevato nell’alimento.

 

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Integratori proteici

Le polveri proteiche sono molto popolari tra le persone attente alla salute.
Gli integratori proteici non sono tutti uguali, vengono classificati a seconda del loro procedimento di estrapolazione da un determinato alimento, valutandone oltre che lo spettro aminoacidico, il tempo necessario di assorbimento che ha nella fase digestiva.
Le proteine maggiormente utilizzate vengono estrapolate dal latte, ma vi sono integratori proteici provenienti, da carni, piselli, soia, uova, ecc…
Per far capire meglio come scegliere l’integratore proteico adatto alle proprie esigenze prenderò in considerazione, le proteine estrapolate dal latte, le più comuni.

 

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Le proteine del latte si suddividono in due tipi di integratori siero del latte (WHEY)

              o caseine del latte:

 

  • CONCENTRATE O PER ULTRAFILTRAZIONE (WPC)
  • ISOLATE O A SCAMBIO IONICO O A MICROFILTRAZIONE PER FLUSSO INCROCIATO (WPI)
  • IDROLIZZATE (WPH)

Le proteine del siero concentrate (WPC) hanno in genere un basso (ma comunque significativo) contenuto di grassi e colesterolo, ma, in generale, hanno livelli più elevati di composti bioattivi, e carboidrati sotto forma di lattosio.

Il loro contenuto proteico è per definizione inferiore al 90%, e può raggiungere una concentrazione proteica del 85-86%. Concentrazioni maggiori sono invece tipiche delle WPI isolate.
Le proteine del siero isolate (WPI) sono trattate con speciali sistemi per rimuovere maggiori quantità di grassi e lattosio.
Hanno per definizione un contenuto proteico medio del 90%, ma la densità proteica può variare dai minimi del 86-88% o superiore.
Le proteine del siero idrolizzate (WPH) sono sottoposte ad un trattamento di digestione enzimatica, e sono parzialmente idrolizzate al fine di facilitarne e ridurne i tempi di assimilazione, ma il loro costo è generalmente superiore​​.

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Proteine del siero concentrate (WPC)

 
Il concentrato di siero del latte (WPC, Whey Protein Concentrate) è generalmente classificato come il più basilare dei tipi di whey.
Per tale motivo sono più note semplicemente con il nome di whey protein, o proteine del siero del latte, senza che ne venga dichiarata la categoria di appartenenza sulla confezione.
La concentrazione di proteine ​​può essere compresa tra il 35 e l’85%, quindi può esserci una grande variabilità nella qualità di diverse polveri WPC.
Questo dipende dalla qualità del filtraggio.
La maggior parte delle WPC diffuse sul mercato hanno generalmente un contenuto tra il 68 e l’80%.
Sono la forma più economica delle proteine del siero e contengono maggiori quantità di lattosio e umidità.
Hanno un valore biologico più basso rispetto alle isolate, contengono attorno ai 40 mg di colesterolo, più quantità di grassi e tra il 2% e il 5 % di lattosio.
Anche se la WPC non è la whey più pura ​​perché meno trattata, e contiene livelli relativamente maggiori di grassi e carboidrati, può comunque risultare una polvere di alta qualità.
Infatti uno dei vantaggi delle WPC è proprio il trattamento meno elaborato di ultrafiltrazione, ciò significa che gran parte delle frazioni proteiche rimangono ancora integre.
Inoltre, essendo meno lavorate, mantengono un maggior contenuto di contenuto di nutrienti utili come calcio e altri minerali.
Questo può rendere in alcuni casi le WPC qualitativamente superiori ad alcuni tipi di whey maggiormente trattate, come le WPI a scambio ionico.

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WPC e ultrafiltrazione

Le proteine del siero concentrate sono per definizione ottenute con il processo di ultrafiltrazione.
Questo è il primo metodo usato per la lavorazione della proteina, in cui viene separata più grossolanamente dal grasso e dal lattosio del latte attraverso una membrana porosa.
Questo sfrutta la pressione per far filtrare il siero attraverso la membrana e separarla dal resto dei componenti.
Diversi gradi di pressione sono utilizzati per spingere la proteina liquida attraverso la membrana, provvista di minuscoli fori che consentono soltanto il passaggio di componenti idrosolubili e piccole molecole organiche e minerali.
Proteine ​​più grandi non possono penetrare attraverso la membrana e vengono raccolte per un’ulteriore elaborazione.
Tale processo porta il contenuto di proteine tra il 73% e l’83% circa, con contenuto di grassi dal 4% al 6%.

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Riepilogo delle WPC:

concentrazione proteica mediamente più bassa, tra 70 e l’80%;
metodo che non provoca un’alta denaturazione delle proteine (90-96% non denaturate);
sono assorbite più lentamente delle WPI e soprattutto delle WPH;
presenza di bassi quantitativi di lattosio e grassi, ma sempre maggiore delle isolate;
l’attività biologica viene in gran parte mantenuta diversamente dalle WPI a scambio ionico e WPH;
maggior presenza di micronutrienti come calcio, sodio e altri minerali;
meno adatte agli intolleranti al lattosio (2-5 %);
possono avere un miglior rapporto qualità/prezzo rispetto ad altri tipi di whey;
minor costo tra i tre tipi;

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Proteine del siero isolate (WPI)

Nei primi anni novanta gli scienziati scoprirono una serie di nuovi sistemi per ottenere una polvere proteica maggiormente concentrata, in grado di riuscire ad isolarla quasi completamente da lipidi e lattosio;
nascevano le proteine del siero del latte isolate (WPI, Whey Protein Isolate).
Le whey isolate sono la forma più pura di whey, poiché contengono inferiori quantità di umidità, di grassi, e di lattosio rispetto alle concentrate.
Le WPI subiscono processi maggiormente elaborati, risultando in una polvere proteica più pura.
A parità di peso si riescono ad ottenere maggiori quantità proteiche che con le concentrate, ma hanno costi più elevati. Tra questi processi può esserci una maggiore filtrazione, la microfiltrazione a flusso incrociato (CFM) o lo scambio ionico (IE). Questi metodi permettono di ottenere formule con un contenuto tra l’85-95% di proteine, e possono rendere le WPI adatte ad una dieta con ridotto apporto di grassi e carboidrati. Hanno un valore biologico (VB) tra 150 e 170. Non contengono colesterolo contro le concentrate, le quali ne contengono all’incirca 40 mg. Hanno una parcentuale lipidica inferiore, e una quantità di lattosio tra 0,1 e 0,3 % rispetto al 2-5 % delle concentrate. Questo le renderebbe adatte ai soggetti intolleranti al lattosio. Le isolate verrebbero totalmente private di grassi e carboidrati, tuttavia hanno un minor contenuto di calcio e altri minerali.
Vengono assimilate in tempi brevi e liberano nel sangue gli amminoacidi che possono così essere utilizzati per la sintesi proteica. Hanno una capacità di innalzare i livelli di insulina maggiore rispetto alle altre fonti proteiche. Possono essere la scelta migliore per i soggetti con gravi intolleranza al lattosio. Le WPI hanno generalmente un valore biologico superiore alle WPC.

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WPI e isolamento per microfiltrazione a flusso incrociato (CFM)

La microfiltrazione è il processo più costoso tra quelli utilizzati per l’isolamento degli integratori proteici a base di siero proteine, ma è anche quello che in assoluto è in grado di meglio preservare l’integrità e presenza delle frazioni proteiche bio-attive che determinano la qualità della proteina stessa.
La microfiltrazione prevede l’uso di membrane filtranti con fori microscopici.
Questo metodo è stato messo appunto per prevenire le problematiche di denaturazione proteica riscontrate con lo scambio ionico, risultando la modalità migliore per preservarne la qualità.
Il siero di latte ottenuto nella prima fase della lavorazione mediante ultrafiltrazione (dal quale si ricavano le WPC) viene convogliato in un’apparecchiatura che, utilizzando un sistema di filtri a membrana, procede ad un’ulteriore filtrazione progressiva attraverso la quale vengono eliminate altre particelle indesiderate, tra cui minerali, lipidi e lattosio.
Con questo sistema, vengono mantenute intatte tutte le frazioni proteiche principali (65% β-lattoglobuline, 25% α-lattoalbumine, 8% siero albumine, immunoglobuline, lattoferrine e molecole minori) nel loro stato bioattivo naturale, se questo avviene a freddo, cioè a basse temperature.
Ciò implica un migliore profilo amminoacidico, e una preservazione delle microfrazioni che compongono il 2% circa del siero, molte delle quali utili per il sistema immunitario.
Le WPI per CFM riescono a trattenere un maggior contenuto di calcio e ridurre l’apporto di sodio, nonché migliorarne la solubilità.
Un basso contenuto di sodio, responsabile di una maggiore ritenzione di liquidi, è indice di una buona qualità della lavorazione; mentre il calcio si rivela utile per migliorare la mineralizzazione dell’osso e prevenire la sua disgregazione, oltre che per favorire i processi di dimagrimento.

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Al momento il CFM è il migliore metodo in assoluto tra quelli a disposizione per i processi sia di concentrazione quanto di isolamento proteico.
Infatti, similmente allo scambio ionico questo metodo produce un isolato proteico altamente concentrato (85-90%), con percentuali di lattosio e grassi inferiori al 1%.
A differenza delle proteine isolate mediante scambio ionico, le proteine microfiltrate risultano al 99% non denaturate e mantengono tutte le importanti bio-attive frazioni peptidiche proprie del siero del latte non denaturato e, rispetto alle proteine ultrafiltrate (WPC), garantiscono percentuali proteiche superiori, e componenti extraproteiche minori.
Lo svantaggio principale delle proteine del siero microfiltrate in confronto allo scambio ionico è che i tipi filtrati in genere non raggiungono lo stesso livello di purezza, e il loro costo può arrivare al doppio delle WPC.
Le proteine del siero isolate per microfiltrazione hanno di base una media dell’86,5% di contenuto proteico contro il 90% o superiore di quelle a scambio ionico.
Inoltre il flusso incrociato evita di modificare il contenuto delle varie frazioni proteiche, come ad esempio le β-lattoglobuline e le α-lattoalbumine, cosa che invece viene causata dallo scambio ionico.

Riepilogo:

il miglior metodo di lavorazione in assoluto;
metodo che non provoca la denaturazione delle proteine (99% non denaturate);
contengono il più alto livello di proteine non denaturate;
miglior profilo aminoacidico;
non vengono danneggiate le componenti utili per il sistema immunitario;
metodo che non sfrutta composti chimici o alte temperature;
alta concentrazione proteica, del 85-90%;
concentrazione proteica leggermente inferiore alle WPI a scambio ionico;
sono assorbite più velocemente delle WPC, ma più lentamente delle WPH;
contenuto di lattosio e grassi inferiore al 1 %;
maggior contenuto di calcio e meno di sodio;
adatte alle persone intolleranti al lattosio;
qualitativamente superiori alle isolate a scambio ionico e alle WPC;
costo maggiore delle WPC, delle WPI a scambio ionico, ma generalmente minore delle WPH;

WPI e isolamento per scambio ionico (IE)

Questo metodo, il quale separa le proteine in base alle loro carica elettrica, prevede l’aggiunta del siero ad un bagno di resine dotate di una carica elettrica per isolare la proteina e correggere il pH durante il processo.
I prodotti chimici per la regolazione del pH utilizzati sono idrossido di sodio e acido cloridrico.
Questo metodo produce la forma più pura di proteine ​​del siero di latte isolato, eliminando le impurità come lattosio, minerali e grassi, e consentendo di arrivare a concentrazioni proteiche molto elevate, pari e perfino superiori al 90% sul prodotto totale, con meno dell’1% di lattosio.
Come punto a favore, le isolate per scambio ionico presentano in assoluto la più alta concentrazione proteica (90% o superiore), se scomparate con le WPI microflitrate a flusso incrociato.
Lo svantaggio principale dell’isolamento per scambio ionico è che questo porta alla denaturazione della proteina, e quindi ad una perdita di importanti frazioni peptidiche bio-attive, cosa che viene evitata con l’isolamento per microfiltrazione.
Le molecole proteiche infatti preservano la loro attività biologica solo in presenza di determinate temperature e valori di pH.
L’esposizione di proteine a temperature elevate o pH estremi determina un’alterazione fisica della proteina nota appunto come denaturazione.

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Quindi, se come gli altri metodi di isolamento, le proteine del siero del latte isolate a scambio ionico garantiscono percentuali proteiche superiori, d’altra parte non possono garantire gli stessi benefici sulla salute e sui processi di costruzione muscolare indotti dalle frazioni peptidiche bio-attive al pari delle proteine del siero ultrafiltrate, il cui processo di isolamento utilizzato ne salvaguarda l’integrità e presenza.
Proprio per questi motivi, lo scambio ionico ha un costo di circa cinque volte inferiore alla microfiltrazione.
Vengono persi o danneggiati alcuni componenti importanti particolarmente sensibili all’alterazione del pH, mentre alcuni amminoacidi sono denaturati.
I componenti delle proteine del siero che vengono denaturati sono essenzialmente:
glicomacropeptidi;
lattoferrine;
immunoglobuline;
alcune α-lattoalbumine;
L’isolamento a scambio ionico quindi modifica il contenuto delle varie frazioni proteiche, come ad esempio le β-lattoglobuline, α-lattoalbumine; in alcuni casi possono contenere fino al 70% di β-lattoglobulina e appena il 10% di α-lattoalbumina. Le funzioni della proteina del siero biologicamente attive e dalle qualità interessanti per la salute, sono quasi inesistenti nelle proteine del siero isolate a scambio ionico.
La perdita di molte delle frazioni proteiche però risulta in una maggiore concentrazione di altre componenti; le β-lattoglobuline, la cui concentrazione risulta prevalente nel siero non denaturato, rimangono stabili, se non maggiormente presenti.

Riepilogo:

la più alta concentrazione proteica, del 90% o superiore;
sistema che consente di isolare maggiormente la componente proteica;
sono assorbite più velocemente delle WPC, ma più lentamente delle WPH;
contenuto di lattosio e grassi inferiore al 1 %;
adatte alle persone intolleranti al lattosio;
metodo che provoca la denaturazione delle proteine diversamente dalle WPI microfiltrate e dalle WPC;
vengono perse alcune importanti frazioni proteiche, quali: lattoferrine, immunoglobuline e glicomacropeptidi.
perse le componenti utili per il sistema immunitario;
vengono alterate le proporzioni tra le componenti proteiche;
l’attività biologica è persa;
contenuto di micronutrienti ridotto;
contenuto ridotto di calcio;

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costo maggiore delle WPC, ma minore delle WPI microfiltrate;
Proteine del siero idrolizzate (WPH)
Le proteine del siero idrolizzate (WPH, Whey Protein Hydrolysate) sono derivate dall’idrolisi, un processo artificiale di digestione enzimatica che prevede la scissione dei legami delle proteine rendendole molecole di dimensioni più piccole, dette peptidi (in particolare oligopeptidi), che vengono digerite ed assorbite più velocemente.
Non sarebbe propriamente corretto definire questo prodotto puramente come “proteina”, in quanto essa è per definizione formata da catene composte da più di 100 amminoacidi, mentre i peptidi sono per definizione composti da meno di 100 amminoacidi.
Essendo le WPH formate per una parte consistente da oligopeptidi – molecole composte da catene formate da più di uno e meno di dieci aminoacidi – applicarne la definizione di proteina può essere improprio.
Qualcuno le ha infatti rinominate piuttosto come “peptidi idrolizzati del siero di latte” o “peptidi del siero del latte”.
Le WPH solitamente sono ottenute dalle WPI, e in realtà non sono composte interamente da proteine idrolizzate: possono contenerne mediamente il 20%, ma arrivare fino al 50% di catene amminoacidiche scomposte per idrolisi. Il gusto può essere un buon indicatore della qualità del prodotto, in quanto un maggiore contenuto di proteine idrolizzate tende a conferire alla polvere un gusto più amaro; questo aspetto, combinato al prezzo ancora più elevato delle WPI, le ha rese meno popolari tra tutte le proteine del siero.
Questo trattamento può però ridurre problemi di tolleranza digestiva, come gonfiori, malassorbimento, meteorismo. Per questo motivo in ambito medico gli idrolizzati proteici sono introdotti in alcune diete particolari per persone con problemi digestivi. Le forme altamente idrolizzate possono essere le meno allergeniche tra tutte le forme di siero di latte, e naturalmente constentono l’assimilazione più rapida in assoluto tra tutti i tipi di proteine. Comparato con altri tipi di proteine, le idrolizzate sono più facili e rapide da digerire, e non permangono a lungo in sede gastrica evitando il senso di pienezza.

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Questa serie di caratteristiche rende le WPH le più costose.
Le WPH possono essere ottenute sia dalle concentrate (WPC) che dalle isolate (WPI):
WPH concentrate: se ottenute dalle WPC, le idrolizzate contengono ancora quantità maggiori di lipidi, lattosio e minerali, e una minore concentrazione proteica, in analogia con le classiche concentrate. Queste le renderebbe di qualità relativamente inferiore alle WPH isolate, anche perché un pregio delle WPC tradizionali era la preservazione dell’attività biologica, che in questo caso è stata persa durante il processo di idrolisi.
WPH isolate: se isolate, hanno un contenuto proteico non inferiore al 90 % e contengono livelli impercettibli di grassi, lattosio e minerali, come le classiche isolate. Sono il tipo di whey ipoallergenica per eccellenza e a basso impatto sull’apparato digerente. Queste le rende qualitativamente tra le migliori proteine del siero, nonostante la perdita dell’attività biologica, invece presente nelle WPC e nelle WPI microfiltrate. Le isolate sono le più comuni tra i tipi di WPH.

WPH e idrolisi – Idrolizzate

Letteralmente la parola idrolizzato significa “prodotto dell’idrolisi”.
L’idrolisi è quel processo chimico che porta la sostanza, in questo caso la proteina, ad essere scomposta in unità più brevi. Quindi un idrolizzato proteico è per definizione un composto di amminoacidi ottenuti dalla scissione di una proteina mediante l’utilizzo di acidi, alcali, o enzimi. Le proteine idrolizzate, in termini nutrizionali, sono equivalenti alle proteine originali da cui derivano in quanto a composizione amminoacidica, ma la loro struttura è scomposta al fine di renderle più rapidamente digerite e assorbite.
La loro struttura d’origine è danneggiata, risultando in peptidi a catena breve. In realtà le whey sono già di per sé composte in parte da polipeptidi, cioè catene aminoacidiche più brevi delle proteine, ma l’idrolisi rende le catene ancora più brevi – dipeptidi, tripeptidi, e oligopeptidi – facilitando la digeribilità e favorendo una maggiore percentuale di assorbimento della sostanza. Quando si idrolizza la proteina del siero, si modifica in modo permanente la struttura originale della proteina, il che significa che questa è denaturata e quindi ha un’attività biologica scarsa o nulla. Il procedimento di idrolisi infatti spezza i legami peptidici, cosa che distrugge la struttura proteica. Ciò nonostante, dalla proteina del siero idrolizzata si ottengono comunque gli aminoacidi delle proteine del siero.

Riepilogo:

sono assorbite molto più velocemente rispetto alle WPC e WPI;
hanno il più alto indice insulinico;
vengono assorbite in percentuale maggiore;
sono assorbite meglio degli amminoacidi liberi perché gli organi possiedono uno speciale sistema di trasporto per i di, tri e oligopeptidi, che gli amminoacidi liberi non possono sfruttare;
adatte agli intolleranti al lattosio (se isolate);
non creano problemi digestivi (specie le WPH isolate);
hanno proprietà ipoallergeniche (specie le WPH isolate);
trattate con un metodo che provoca la denaturazione delle proteine diversamente dalle WPI microfiltrate e dalle WPC;
se isolate, presentano in aggiunta tutti i pregi delle tradizionali isolate, eccetto per la perdita dell’attività biologica;
l’attività biologica è persa;
il gusto è amaro proporzionalmente alla percentuale idrolizzata e quindi alla qualità della proteina;
il costo è in assoluto il più elevato tra tutti i tipi di whey (specie le WPH isolate);

Alcuni suggerimenti:

Il prodotto dovrebbe indicare il grado di idrolisi della proteina.
Se il prodotto non lo indica rivolgersi al produttore. In genere, maggiore è la percentuale di idrolisi, più il gusto è amaro.
la confezione dovrebbe riportare una tabella con il peso molecolare dei peptidi misurati in Dalton. Di solito questi valori sono elencati, ad esempio, 20.000-40.000 Dalton 40%.
le WPH praticamente non contengono frazioni proteiche biologicamente attive. Tutte le frazioni vengono distrutte durante il processo.
non è possibile stabilire per le WPH stabilire un valore biologico (VB) superiore a 104.
Tempi di assimilazione delle proteine whey

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TEMPI DI ASSIMILAZIONE DEI TRE TIPI DI PROTEINE WHEY:

PROTEINE CONCENTRATE (WPC) : 1 – 1,5 ore

           ISOLATE (WPI):  30 minuti – 1 ora

        IDROLIZZATE (WPH):  10 – 30 minuti

Questi dati possono rivelarsi imprecisi, perché potrebbero essere stati stimati dalle case produttrici di integratori, i quali dimostrerebbero tutto l’interesse nel dichiarare tempi di assorbimento inferiori a quelli effettivi, o comunque in difetto piuttosto che in eccesso. Inoltre le capacità digestive sono individuali, e dipendono da molti fattori tra cui la motilità gastrica e intestinale, la digestione luminale, e infine l’assorbimento della mucosa; ma anche i pasti precedenti, lo stato metabolico, l’osmolarità della bevanda, la mineralizzazione dell’acqua ecc. In genere le aziende dichiarano le proprietà del proprio prodotto senza che queste vengano confermate da qualche lavoro scientifico.
Per dare un’idea della variabilità dei tempi di assimilazione, uno studio condotto da Power et al. (2009) rivelava che la massima concentrazione di insulina (correlata al picco di assorbimento del prodotto) risultava a 40 minuti dopo l’ingestione di whey idrolizzate, e 60 minuti a seguito delle isolate; Calbet & MacLean (2002) registravano un picco di amminoacidi nel sangue dopo 20 minuti dall’ingestione di whey idrolizzate; Boirie et al. (1997), riscontravano un picco di assorbimento per le whey a 60 minuti.
Ciò lascia intendere che i tempi di assimilazione spesso dichiarati dalle aziende potrebbero non corrispondere al vero, ma rivelarsi più lunghi di quanto atteso.

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Ciò può dipendere molto dalle capacità digestive individuali, dalla qualità e la lavorazione delle proteine, e dallo specifico contesto in cui sono assunte.
Proteine “veloci e lente”
Le proteine del siero del latte sono note per le loro proprietà di rapido assorbimento. L’aggettivo “fast proteins” venne applicato alle whey a partire dalla fine degli anni novanta, quando, uno studio in particolare (Boirie et al. 1997), volle esaminare le differenze tra la proteina del siero del latte e della caseina. In realtà diverse velocità di assorbimento sono riscontrate nei tre diversi tipi di whey, e le idrolizzate (WPH) possono essere veramente considerate ad assorbimento più rapido, dimostrando una tempistica di assimilazione simile agli amminoacidi liberi. Mentre le whey concentrate e isolate, che non vengono sottoposte ad idrolisi, mostrano un tempo di assimilazione mediamente maggiore.

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Nel 1997 il francese Yves Boirie e la sua squadra, tramite il famoso studio Slow and fast dietary proteins differently modulate postprandial protein accretion, stabilirono per la prima volta il nominativo di proteine a “lenta e rapida assimilazione”, comparando la proteina del siero del latte alla caseina. Questa ricerca mostrò che, se comparato alla caseina micellare, il siero causava un incremento più breve ma più elevato di amminoacidi nel sangue, e favoriva un incremento della proteosintesi (sintesi proteica) del 68%, rispetto al 31% della caseina.

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Per contro, il catabolismo proteico era ridotto del 34% dopo l’ingestione di caseine, ma non dopo l’ingestione di whey. Dopo 7 ore, il livello di ossidazione di leucina era più basso dopo l’ingestione di caseina, nonostante lo stesso introito dell’amminoacido. Si concluse che la velocità di digestione delle proteine ​​e l’assorbimento degli aminoacidi dal parte dell’intestino ha un effetto importante sul complesso anabolismo proteico dopo un pasto. In analogia con il metabolismo dei carboidrati, le proteine ​​ad assorbimento lento e veloce modulano la risposta metabolica postprandiale.. Questo loro effetto sull’insulina poteva essere contemplato da un parametro che all’epoca stava iniziando ad essere diffuso tra alcuni ricercatori, ovvero l’indice insulinico, un metodo che, in analogia con l’indice glicemico, misurava la velocità di innalzamento dell’ insulinemia piuttosto che della glicemia. Le whey mostravano dunque una grande capacità di elevare i livelli di insulina, presentando un alto indice insulinico, ben superiore alla caseina.

In sintesi lo studioso Yves Boirie, concludeva che:

le proteine del siero del latte non hanno proprietà anticataboliche;
la caseina ha proprietà di inibizione del catabolismo proteico;
il siero stimola maggiormente la sintesi proteica rispetto alla caseina;
le whey inducono una maggiore e più rapida concentrazione di aminoacidi nel sangue al contrario della caseina (alto indice insulinico);
la combinazione di whey+caseina può apportare il massimo dei benefici in quanto ad anabolismo e contemporanea inibizione del catabolismo muscolare;

PROTEINE CASEINE

Le caseine, a causa della loro struttura e della loro natura micellare, sono più difficili da digerire, per questo motivo sono considerate proteine a lento assorbimento, infatti sono chiamate anche “slow protein”.
Studi scientifici hanno dimostrato che le caseine garantivano un rilascio di proteine nel sangue più dilazionato nel tempo rispetto alle whey: in seguito alla loro assunzione si nota un picco di indice amminoacidico nel sangue solo dopo 3-4 ore. La sintesi proteica può durare anche fino a 7 ore dall’ingestione di caseine.
 
Fonti e studi tratte da Wikipedia e PubMed

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PERSONAL TRAINER MILANO

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